sabato 20 gennaio 2018

Bianco - "Organo Amante", dal nuovo album "Quattro"

L'ho aspettato per settimane, dopo aver ascoltato quel primo singolo, "Felice", già così diverso da tutta la precedente produzione di Bianco. Attesa ben ripagata, perché "Quattro" già me lo vedo ben piazzato nella mia lista dei migliori album del 2018. Così, sulla carta, quando mancano ancora 11 mesi alla fine dell'anno.
"Less is more", verrebbe da dire: "Quattro" è il quarto album del cantautore torinese Alberto Bianco, e la semplicità del titolo si specchia perfettamente con l'essenzialità generale dell'intero lavoro.
In "Quattro" c'è tanta musica, tanta buona musica suonata da un affiatato gruppo che insieme allo stesso Bianco ha seguito Niccolò Fabi per molto tempo in tour, e registrata in una stanza di 200 metri quadri, che dona all'album una sonorità suggestiva che un ascoltatore attento non può non percepire.
Niente ricerca di effetti e trovate speciali, poco "indie", e quasi per niente (e per fortuna) al passo coi tempi: dominano i colori del pop, che di tanto in tanto nelle varie tracce si mischiano ad altre tonalità sonore, dal punk al rock al funky.

Bianco nel suo quarto album si racconta, e nel suo racconto ci si riconosce, quel "Chi sono io?" ricorre spesso nella traccia di apertura "30 40 50", e traccia dopo traccia si susseguono tante diverse risposte a quella domanda, in tutte le storie che prendono vita all'interno delle canzoni, dove troviamo i ricordi degli anni '90, la Fiat e la città di Torino, così come i vecchi tetti di Ortigia, e le amicizie, gli affetti perduti, i cambiamenti repentini a cui ci sottopone la vita. Così Bianco a 34 anni e già con una discreta carriera alle spalle sembra voler mettere le mani a una specie di bilancio generazionale.

L'album si chiude con la stupenda "Organo Amante", traccia in cui i tempi si dilatano fino a raggiungere la durata di 10 minuti, registrati in presa diretta e immortalati nell'emozionante videoclip della canzone.

"E si riparte dal via
ora che sono grande
rimango per ore in silenzio
annaffiando un giardino di note"



martedì 2 gennaio 2018

"Sempre senza parole", di Luca Carocci

Probabilmente le esperienze di vita maturate in 15 anni in giro per il mondo hanno dato tanto al cantautore romano Luca Carocci, almeno a giudicare dai suoi due album, e in particolare dal più recente "Missili e somari" del 2016.
Si tratta di una produzione in qualche modo "corale", frutto di tante collaborazioni, a cominciare da Pietro Sermonti, in un'inedita veste di produttore discografico; poi ci sono Bianco, Margherita Vicario, Filippo Gatti, Roberto Angelini, Francesco Forni, insomma, una selezione di tanti bei nomi che raccontano il meglio della nostra discografia degli ultimi anni.
Su tutto domina la lucente personalità artistica di Luca Carocci, eccellente autore e interprete, sia nella parte musicale che nei testi.
Durante il 2017 penso di aver ascoltato l'intero album centinaia di volte, scoprendo di tanto in tanto nuove sfaccettature e nuovi spunti. Mi piace la ricchezza sonora, guidata dalla chitarra sempre protagonista, mi piace l'uso dei controcanti (spesso affidati alla dolcissima vocalità di Margherita Vicario), lo stile chitarristico un po' alla Ben Harper (uno dei punti di riferimento di Luca Carocci). 
Ho scelto di pubblicare "Sempre senza parole", ballata malinconica sul bisogno di stare insieme, di tenersi vicini, di condividere, una vera perla, da pelle d'oca a ogni ascolto, a mio parere una delle più belle canzoni degli ultimi anni.
Anche Luca Carocci rientra in quella cerchia di nomi che meriterebbero molta più visibilità, perché quando lo fai ascoltare in giro rimangono tutti stupiti che tanta bellezza rimanga nascosta.