martedì 14 febbraio 2017

Canzone per Federica - Maldestro

Ha fatto incetta di premi "tecnici" al Festival di Sanremo e conquistato una finale nella categoria Giovani arrivando a un passo dalla vittoria, in un duello tutto partenopeo con Lele di Amici di Maria De Filippi.
Insomma, risultato sanremese niente male per Maldestro, artista trentenne napoletano, uomo di musica e di teatro noto da tempo a un pubblico interessato ai nuovi scenari indipendenti, e già vincitore di alcuni importanti riconoscimenti, fra cui il Premio De André ricevuto nel 2013.
La sua "Canzone per Federica", ballata dolce e malinconica dedicata a un'amica speciale, ha conquistato la critica e il pubblico, almeno a giudicare dalle reazioni sui social e dalle condivisioni sui più popolari canali video, e questo è l'ennesimo ottimo segno per la musica d'autore, che sta tornando alla grande con tanti giovani (e tante coraggiose etichette) che si sanno distinguere pur non tenendosi snobisticamente fuori dal circuito mainstream (e a Sanremo ne abbiamo visti quest'anno, proprio a partire da Ermal Meta che tra i "Big" si è posizionato al terzo posto).
"Canzone per Federica" ha un testo molto forte, caratterizzato dalla drammaticità dell'alternarsi di due parti: un dubitativo "Sarà che" ripetuto nella forma dell'anafora (direbbero gli esperti) nelle strofe, e un conclusivo "Ma tu" con cui inizia ogni ritornello. La musica segue questa stessa evoluzione, ma con una trovata secondo me geniale, nella tensione di quelle sole due note suonate dalla chitarra elettrica ad accompagnare l'intero ritornello, una soluzione efficacemente "descrittiva" che non rovina l'economia del brano, sempre orientato alla preponderanza del testo.


venerdì 3 febbraio 2017

Modena - Antonello Venditti

Un lento passseggio ritmico in tre, un pianoforte fisso su due accordi alternati che dalle strofe, sospesi e interrogativi, scaricano tutta la tensione sull'apertura dell'inciso.
Poche parole, a impressionare in ordine sparso dubbi, incertezze, sentimenti e delusioni, e su tutto il graffiante sax di Gato Barbieri, che "dice" tutto ciò che non viene detto esplicitamente nel testo.
Questa è "Modena", capolavoro di Antonello Venditti del 1979, una specie di inno generazionale al contrario, che nell'evocativa descrizione di un Festival dell'Unità a Modena immortala la crisi delle ideologie politiche degli anni '70 e il senso di spaesamento di una generazione che, come disse Giorgio Gaber qualche anno più tardi, "aveva perso" ("La mia generazione ha perso" - 2001).