venerdì 19 agosto 2016

Il dilemma - Giorgio Gaber

Cantava il rock in inglese, non capivo niente però rimasi folgorato dall’energia che aveva addosso. Siamo diventati molto amici, poi ci siamo frequentati spesso. A un certo punto, frequentando il nostro studio (avevo uno studio con altri amici pittori), passavamo le giornate a parlare. Un bel giorno mi ha detto: "Ma perché non proviamo a scrivere qualcosa insieme?”

Nasce così la collaborazione tra Giorgio Gaber e Sandro Luporini. Quella stessa collaborazione, partendo da qualche canzone che passa più o meno inosservata nella discografia di Gaber (come ad esempio la sanremese "Così felice" datata 1965), darà poi vita alla famigerata esperienza del "teatro canzone", durata per oltre 30 anni.
Fra i tratti più peculiari del binomio Gaber-Luporini spicca la sensibilità e l'abilità con cui i due autori si muovono sul terreno dell'analisi psicologica, fornendo a partire dall'osservazione quasi clinica dei soggetti rappresentati (il conformista, i soli, lo stesso signor G) una chiave di lettura per la società nel suo insieme.
Mi ha sempre colpito in modo particolare un pezzo dell'inizio degli anni 80: "Il dilemma". Gaber e Luporini raccontano la storia di un uomo e una donna, del loro amore che attraversa le crisi, i tradimenti, l'affievolirsi della passione e dell'eros, per maturare e trasformarsi - con "la gran tenacia che è propria delle cose antiche" e "rifiutando decisamente le nostre idee di libertà in amore" - in una simbolica e metaforica morte.
Musicalmente l'intera vicenda segue un percorso lineare ma in costante crescendo, un crescendo che tocca il suo apice nella conclusione, una lunga serie di domande, ecco appunto il senso del titolo "Il dilemma", che lascia l'ascoltatore in una situazione tale da interrogarsi lui stesso sulla vicenda dei due amanti, e sul dilemma della loro scelta: da una parte la libertà, e con essa gli ideali dell'amore libero tanto in voga in quei tumultuosi anni 70 appena conclusi, dall'altra la fedeltà coniugale e la famiglia, simboleggiato nella catarsi di "quel gesto disperato", che però "potrebbe anche rivelare come il segno di qualcosa che stiamo per capire".


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