Questo è uno di quegli album che mi accompagna praticamente da 30 anni, scoperto per caso, all'età di 14 anni, neanche con l'ascolto, ma leggendo lo spartito della title track trovato su uno di quei raccoltoni della BMG con 120 pagine di canzoni. Fu così sia per "Il sole nella pioggia" che per "Sirtaki" di Mango.
L'ho già detto in più di un post, ma tra la fine degli anni 80 e l'inizio dei 90 la produzione discografica italiana ebbe uno slancio difficilmente eguagliato in seguito. No, neanche negli anni successivi, con l'emergere delle nuove etichette indipendenti e le nuove "scuole" di cantautori. Il fatto è che tra il 1989 e il 1992 furono le cosiddette "major" che alzarono il tiro, puntando a un accrescimento qualitativo che portò a una lunghissima serie di capolavori, di cui "Il sole nella pioggia" di Alice fa parte a pieno titolo.
I brani dell'album portano le firme prestigiosissime di Finardi, Madonia, David Crosby, Peter Hammill dei Van der Graaf Generator (molte le sue collaborazioni con artisti italiani nel corso degli anni). Ma è soprattutto Juri Camisasca, autore di ben 5 tracce, che dà all'album quella affascinante connotazione mistica e "trascendentale".
Dice lo stesso Camisasca:
"Vedere il sole nella pioggia significa essere consapevoli di una certa dualità dell'esistenza, che ogni medaglia ha il diritto ed il rovescio. Quindi il saggio, essendo consapevole di questo, non si abbatte quando le cose non vanno bene e non si esalta invece quando le cose gli vanno bene. Quindi riuscire a vedere il sole nella pioggia significa raggiungere questa condizione di saggezza in cui si sa che ci può essere una sconfitta, ci può essere una vittoria, perchè la vita è fatta così."Di recente un format televisivo ha proposto un'intera puntata dedicata a "Il sole nella pioggia": e speriamo che sia la volta buona per restituire, in questo periodo di clown e conformismi, la dovuta giustizia a una vera pietra miliare della discografia italiana degli ultimi 3 decenni.