lunedì 9 gennaio 2017

Un lungo addio - Roberto Vecchioni

Nella vasta e bella discografia di Roberto Vecchioni, in viaggio tra San Siro e Samarcanda, sono tante le perle musicali e poetiche dedicate al rapporto genitori-figli. Accade sin dagli anni 70, dove brillano la struggente "Figlia", successo del 1976 a metà strada tra De Andrè e Leonard Cohen, e la retrospettiva e nostalgica "Ninni", in cui l'autore veste i panni di un se stesso bambino.
Con la maturità arrivano poi "Canzone da lontano", "Figlio, figlio, figlio", "Quest'uomo", e la lista continua e si arricchisce di album in album, tanto da dar vita oggi alla bellissima raccolta "Canzoni per i figli" uscita a novembre 2016, disponibile anche in libreria in formato cofanetto libro + CD.

Ma facciamo appena un passo indietro. È il 2011, l'anno della vittoria al Festival di Sanremo con "Chiamalo ancora amore". Nel mese di novembre viene pubblicata la raccolta "I colori del buio", insolita, perché non contiene la hit sanremese, bensì una lunga carrellata di successi personalmente selezionati dall'autore. Sta di fatto che passa quasi inosservato l'inedito "Un lungo addio", scritto a quattro mani con la moglie Daria Colombo.
Nel titolo, curiosamente preso in prestito da un episodio di Dylan Dog (citato anche nel testo), Vecchioni rivolge il suo figurato e ironico addio alla figlia Carolina, che sta per sposarsi. Lo fa tra ironia, semplicità e dolcezza, nel perfetto equilibrio che sempre ha contraddistinto il "Professore", con un netto cambio melodico nell'inciso, in tipico stile vecchioniano, che solo ad ascoltarlo ti immagini la sua espressione e la sua inconfondibile mimica.

Non si può fare a meno di seguire l'intenso racconto di questo padre con un filo di commozione, anche se non hai una figlia a cui dedicarla.